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July 18, 2005

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paolo

Devo ammettere che ti ammiro per la tenacia con cui porti avanti questa battaglia, non sto scherzando. Ma sono anche convinto che non arriverai a nessun risultato. Anche se l'Ordine si dovesse pronunciare condannando il collega in questione, il malvezzo continuerà perchè nessun caposervizio, caporedattore o direttore si vorrà fare sfuggire l'occasione di pubblicare qualcosa in più della concorrenza, in barba a tutte le regole deontologiche. E poi ci chiediamo perchè la gente ha una così bassa considerazione della nostra categoria...

Carlo Felice

Credo sia come nel calcio o in altri sport: nella pallavolo o nel rugby se un giocatore (che non sia il capitano) protesta oltre un certo limite rischia di essere cacciato, nel calcio gli arbitri e gli assistenti si fanno anche mandare a quel paese da certi giocatori. Dicono che bisogna capire il momento e la tensione dei giocatori. La conclusione è che nel calcio la colpa è sì dei giocatori che non si sanno comportare in modo sportivo, ma è soprattutto degli arbitri che non sempre sanno farsi rispettare.

Mauro

Il caso in questione è certamente significativo.
Un pò meno, solo perchè non v'è un minore di mezzo, ma secondo me sempre più diffusa è invece l'abitudine - e qui devio verso un argomento differente, ma che mi occupa in questo momento e mi spinge a parlarne - che spesso mi capita di constatare:la stumentalizzazione della stampa da parte di singoli o gruppi di persone che, per i più svariati interessi, intendono supportare una loro personale battaglia contro un altro singolo o gruppo, ricorrendo alla carta stampata.
Il che avviene di solito senza esclusione di colpi, nel senso che i giornalisti più accorti non si spingono troppo oltre il diritto di cronaca, altri non si esimono dal riportare offese gratuite e contumelie dell'intervistato verso l'oggetto del suo personale rancore.
E non sto parlando di persone 'affette' da notorietà, il che abbassa sin quasi ad eliderli i limiti contenitivi del diritto d'opinione (e quindi v'è interesse pubblico a che la notizia/intervista sia resa), ma tra perfetti sconosciuti, cioè tra persone normali, che ottengono meteoritica notorietà - a tutto concedere - solo dopo che l'intervista è stata resa.
Simili situazioni sempre più spesso le riscontro nelle pagine di cronaca locale, dove le beghe di bottega hanno sovente rilievo.
Il punto anche è che ritenuta degna di pubblicaizone una certa notizia o intervista,che getta discredito o propone accuse verso un terzo, non è infrequente che a questo terzo non si dia possibilità di replica, o che il giornalista stesso approfondisca i dati oggettivi, col chè si ottiene l'effetto di non dare - a mio avviso - una informazione leale, come prescrive anche la vostra carta dei doveri.
Forse è una mia impressione, ma mi pare in definitiva, che sempre più spesso capiti che il giornale diventi il megafono di qualcuno, con buona pace dell'esercizio giornalistico in forma professionale (e dunque leale, critico, rispettoso della verità sostanziale....)che assume posizioni del tutto passive.

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