Questo è un crossposting da Reporters.
Prima di tutto un'errata corrige. Scrissi l'altro ieri nell'entry "Il Primo emendamento e la causa persa da Apple" su Reporters: "Ma attenzione, non è un'equiparazione di chi si esprime su internet, e dei blogger in particolare, ai giornalisti." Sbagliato. Scrive la Corte d'appello della California (i petitioners sono in questo caso coloro che scrivono su un sito internet e che si erano rivolti alla Corte per non essere obbligati a rivelare la loro fonte di informazione su un nuovo prodotto della Apple): "In that light, we can see no sustainable basis to distinguish petitioners from the reporters, editors, and publishers who provide news to the public through traditional print and broadcast media."
Detto questo, credo siano necessari una serie di chiarimenti e precisazioni sia su quanto scrissi sabato sia su ciò che hanno scritto ieri e oggi Massimo Mantellini, Vittorio Zambardino e Punto Informatico. Tutto questo non prima di aver notato come i giudici californiani (si vedano anche le note delle prime pagine) utilizzano tranquillamente Wikipedia come loro fonte di informazione. Aspetto la prima sentenza italiana analoga.
L'argomento avrebbe bisogno di un saggio, mi limiterò a qualche flash.
Innanzitutto, come ha fatto notare anche Tommaso Lombardi di Punto Informatico in un commento precedente, negli Stati Uniti non esiste l'Ordine dei giornalisti e non esiste quindi una definizione di giornalista, come invece si può ricavare in Italia dalla legge 69 del 3 febbraio 1963, quella che istituisce l'Ordine. La definizione di giornalista, reporter (e anche di giornale e rivista, come si legge nella seconda parte della sentenza) è affidata alla consuetudine, a precedenti sentenze, all'uso che si fa della parola. In Italia, invece, si può dire: "Giornalista è colui che è iscritto all'albo fissato dalla legge; chi non è iscritto può fare anche uno straordinario lavoro di ricerca di informazioni, avere moltissimi contatti, rispettare nei fatti tutte le regole deontologiche e avere una scrittura straordinaria, ma non è giornalista".
Per questo, come ho scritto sabato, la sentenza può essere di straordinaria importanza per stabilire alcuni principi che il cosiddetto "mondo libero" potrebbe presto far propri, tuttavia nessun giudice italiano potrebbe scriverne una di simile. Perché in Italia un blogger può essere equiparato a un giornalista soltanto se è già un giornalista, ossia una persona iscritta all'albo.
Incidentalmente - e qui senza molte spiegazioni - devo ammettere che non sono pregiudizialmente contrario a un Ordine dei giornalisti, sono del tutto contrario a questo Ordine dei giornalisti, che ritengo del tutto inutile. Non vi è alcuna contraddizione fra un Ordine dei giornalisti e l'articolo 21 della Costituzione ("Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure"), come non vi sarebbe con il primo emendamento della Costituzione americana ("Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances"). L'Ordine, nella mia mente, non è un'organizzazione che limiti la libertà di espressione o quella di stampa (e nel concetto di libertà di stampa ci sta tutto, anche internet, ovviamente) è semplicemente un modo per garantire ai lettori che gli iscritti esercitano la libertà di espressione garantita dalla Costituzione e rispettano una serie di altre regole, prima di tutto di deontologia. Se vogliamo fare gli immodesti, sarebbe una sorta di bollino blu della comunicazione. Mi fermo qui.
Ma c'è anche un'altra cosa da notare. Quanto i giudici della Corte d'appello della California garantiscono il segreto professionale ai blogger, impedendo quindi che la Apple possa chiedere loro di svelare le fonti confidenziali, non applicano il Primo emendamento della Costituzione, applicano la cosiddetta "shield law" californiana: "We decline the implicit invitation to embroil ourselves in questions of what constitutes “legitimate journalis[m].” The shield law is intended to protect the gathering and dissemination of news, and that is what petitioners did here. We can think of no workable test or principle that would distinguish “legitimate” from “illegitimate” news. Any attempt by courts to draw such a distinction would imperil a fundamental purpose of the First Amendment, which is to identify the best, most important, and most valuable ideas not by any sociological or economic formula, rule of law, or process of government, but through the rough and tumble competition of the memetic marketplace." Come si vede, il primo emendamento serve soltanto per dire che non ci può essere una distinzione fra notizie legittimate e notizie non legittimate, fra notizie con più credito e più fondate da notizie con meno credito e meno fondate, ma è la "shield law" a proteggere la raccolta e la diffusione delle notizie e a concedere anche ai blogger il diritto di non rivelare le fonti (pagine 34 e 35 della sentenza): "Article I, section 2, subdivision (b), of the California Constitution provides, “A publisher, editor, reporter, or other person connected with or employed upon a newspaper, magazine, or other periodical publication . . . shall not be adjudged in contempt . . . for refusing to disclose the source of any information procured while so connected or employed for publication in a newspaper, magazine or other periodical publication, or for refusing to disclose any unpublished information obtained or prepared in gathering, receiving or processing of information for communication to the public.” Evidence Code section 1070, subdivision (a), is to substantially the same effect. Petitioners assert that these provisions, sometimes known as the California reporter’s shield, preclude compelled disclosure of their sources or any other unpublished material in their possession. Apple argues that petitioners may not avail themselves of the shield because (1) they were not engaged in legitimate journalistic activities when they acquired the offending information; and (2) they are not among the classes of persons protected by the statute."
Non è detto, quindi, che gli stessi giudici, in un altro Stato americano, avrebbero deciso nello stesso modo. Non è detto che, nel Nevada o nel Texas o in Alabama (tre esempi a caso) avrebbero concesso ai blogger il diritto di avvalersi del segreto sulle fonti di informazione. E tantomeno sarebbe possibile attualmente in Italia, dove l'ultimo comma dell'articolo 200 del codice di procedura penale garantisce il segreto professionale non a tutti i giornalisti iscritti all'Ordine ma soltanto ai giornalisti professionisti (si vedano anche tre miei altri post: 1, 2 e 3). Per questo la sentenza ha un importante valore di indirizzo, ma i suoi principi sono difficilmente applicabili fuori dalla California.
Sono andato più lungo di quanto promesso. Chiedo scusa.
Post scriptum: in inglese si vedano, fra i tanti, Jeff Jarvis che rimanda anche a Eugene Volokh.
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